Da Čajkovskij a Schubert
Un viaggio tra il romanticismo senza tempo e l’intimità della musica da camera. Il 24 e 28 marzo due imperdibili appuntamenti con I Virtuosi Italiani. Ospiti d’eccezione i musicisti Francesco Fiore, nella triplice veste, per questa occasione di direttore, solista e compositore e Maurizio Baglini, pianista visionario noto a livello internazionale con il gusto per le sfide musicali

La stagione dei concerti de I Virtuosi Italiani prosegue con due appuntamenti nello spazio di San Pietro in Monastero a Verona, venerdì 24 marzo e martedì 28 marzo alle ore 20.00.
Il 24 marzo vedrà quale ospite nella triplice veste di solista, direttore e compositore, Francesco Fiore, fin da giovanissimo uno dei musicisti più interessanti ed ecclettici della sua generazione, con una intensa attività concertistica che lo ha portato ad esibirsi per le più prestigiose stagioni in Italia e nel mondo, collaborando con i più importanti musicisti italiani e stranieri.
Il programma di questo concerto, che alterna brani con la viola solista a brani per soli archi, ha l'ambizioso proposito di accostare a grandi capolavori della seconda metà dell’ottocento, musica dei nostri giorni, concepita con l'intento ed il desiderio di dimostrare che il linguaggio del passato può essere vissuto ed interpretato anche in chiave moderna, senza perdere di autenticità e cercando di parlare con sincerità e spontaneità agli ascoltatori.
In apertura di serata, di Max Bruch, la Romanza in Fa Maggiore per viola e orchestra, qui proposta nella versione per archi di Francesco Fiore.
Dedicata a Maurice Vieux, prima viola dell’Opéra di Parigi, la Romanza venne eseguita in anteprima a Berlino il 25 aprile 1911, in un concerto privato diretto da Leo Schrattenholz, solista Willy Hess. Sulla scia dell’immediato successo, sollecitato dal suo editore, Max Bruch ne realizzò subito una versione per viola e pianoforte. Caratterizzato da melodie belle e accattivanti e dall’orchestrazione molto accurata, il brano assume la forma di un’aria senza parole.
Seguiranno due brani composti da Francesco Fiore, il Concerto in un movimento in sol minore per viola e orchestra e – in prima esecuzione assoluta – il Postludio per orchestra d’archi.
«Sono particolarmente grato a I Virtuosi Italiani - spiega Francesco Fiore -, per questa possibilità, particolarmente appassionante per un musicista, di potersi esprimere attraverso vari ruoli, non solo quello che mi è più consono di violista, ma anche di compositore e di direttore. Il programma si sviluppa all'insegna del romanticismo e del tardo romanticismo. La musica da me composta ha lo scopo precipuo di dimostrare che la composizione, secondo gli stilemi, i canoni estetici e anche il gusto del passato, non è lettera morta dal punto di vista creativo, ma può essere ancora ricreata attraverso la mediazione del compositore moderno, offrendo ancora suggestioni e stimoli estetici in grado di offrire grandi sensazioni ed emozioni».
A seguire la Serenata per archi in Do Magg. Op. 48 di Pëtr Il'ič Čajkovskij. Scritta tra il settembre ed il novembre del 1880, ed eseguita per la prima volta a Pietroburgo il 30 ottobre del 1881, la Serenata op. 48 è dedicata a Kostantin Karlovic Albrecht, violoncellista e compositore, fondatore con Rubinstejn del Conservatorio di Mosca, e amico intimo di Cajkovskij.
«I brani da me composti – continua Francesco Fiore -, rispecchiano entrambi uno stile del tardo ottocento e vengono incastonati in due grandi capolavori, la romanza di Bruch per viola e orchestra, e la serenata di Čajkovskij, un grandissimo capolavoro della letteratura per archi dove il compositore manifesta con evidenza la sua venerazione per Mozart. Anche in questo caso abbiamo compositore contemporaneo, naturalmente della sua epoca, che scrive un pezzo seguendo parametri che appartenevano al passato. Un gioco di rimandi ed intenzioni che fanno capire come il passato e il presente siano sempre collegati, interagiscano e possano fecondarsi in modo fertile e produttivo per le emozioni di chi suona e di chi ascolta».

Il concerto di martedì 28 proporrà invece uno dei lavori cameristici più esaltati e popolari di Franz Schubert, il Forellen-quintett op. 114 o Quintetto "della trota". Ad interpretarlo Maurizio Baglini, tra i musicisti più brillanti e apprezzati sulla scena internazionale.
Pianista visionario, con il gusto per le sfide musicali, Maurizio Baglini ha un’intensa carriera concertistica internazionale. Vincitore a 24 anni del “World Music Piano Master” di Montecarlo, è tra i pochi virtuosi al mondo a eseguire la “Nona Sinfonia” di Beethoven nella trascendentale trascrizione pianistica di Liszt.
Poche notizie si hanno sul Trio per archi n. 1 in Si bemolle maggiore D 471 e soprattutto sui motivi che indussero Schubert ad abbandonarne la composizione dopo il primo movimento (esistono anche 39 battute di quello che sembra essere un Andante). L'anno di composizione, il 1816, cade però in un periodo particolare della vita del compositore, periodo che lo studioso Alfred Einstein ha definito «l'anno dell'indecisione». Il fallito tentativo di trovare lavoro come direttore musicale presso una scuola e la delusione per la freddezza di Goethe nei suoi confronti, sicuramente ebbero una ripercussione sulle opere, e solo nel campo della liederistica Schubert sembrava concentrato verso un preciso obiettivo.
«Con I Virtuosi Italiani c’è un rapporto progettuale oltre che artistico di lunga data – spiega Maurizio Baglini -. Il fatto di poter fare musica da camera pura è un onore e mi piacerebbe che da questa collaborazione emergesse l'importanza di questo genere musicale che oggi sta purtroppo sparendo dalla percezione collettiva. Poter condividere la messa a punto di capisaldi della letteratura cameristica, soprattutto con gli amici, ed ovviamente amici di qualità, è il punto artistico più elevato che ogni artista dovrebbe considerare come propria missione, per restituire al pubblico il piacere di questa grandissima musica. E poi “La trota” di Schubert è, nell'immaginario collettivo, considerato un capolavoro assoluto che non ha neppure bisogno di presentazioni».
Il titolo dato al concerto racchiude il senso vero e proprio della musica da camera. Le Schubertiadi erano infatti originariamente degli incontri di amici di Franz Schubert formati da musicisti, pittori, poeti e melomani che si riunivano a Vienna per conoscere e ascoltare le opere del loro amico e di altri compositori e poeti del momento.
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